Informativa n. 74 - Notiziario n. 19
PEREQUAZIONE, GLI AUMENTI DELLE PENSIONI DAL 1° GENNAIO
ADEGUAMENTO PARI ALLO 7,3%, MA IL DATO E’ PRESUMIBILMENTE PARZIALE
PUBBLICATI I DATI INPS SU PRESTAZIONI PREVIDENZIALI E BENEFICIARI 2021
Con comunicato n. 184 del 9 novembre u.s., qui allegato, il MEF ha dato notizia che il Ministro Giorgetti ha firmato il decreto “che dispone, a partire dal 1° gennaio 2023, un adeguamento delle pensioni (c.d. “perequazione”) pari al 7,3% sugli attuali assegni, calcolato sulla base della variazione percentuale che si è verificata negli indici dei prezzi al consumo forniti dall’Istat il 3 novembre 2022”.
Dunque, dopo gli aumenti disposti dal D.L. n. 115 del 09.08.2022 (c.d “decreto aiuti bis”, poi convertito nella Legge 21.09.2022, n. 142), che sono stati già percepiti nel trimestre in corso in misura complessivamente pari al +2,2% – conguaglio relativo alla perequazione 2021 (+0,2%, con relativi arretrati) e anticipo del 2% sulla perequazione 2023 solo per le pensioni di importo lordo fino 35mila € annui -, a partire da gennaio p.v. le nostre pensioni godranno di un nuovo incremento, pari questa volta, per i trattamenti fino a 35mila € l’anno, al 5,3% quale differenza tra l’anticipo già percepito da ottobre u.s. (2%) e l’adeguamento disposto dal D.M. (7,3%).
Per le pensioni superiori ai 35mila € l’anno, invece, la perequazione dal 1 gennaio p.v. coprirà interamente il 7,3%.
Come noto, la “perequazione” delle pensioni è un meccanismo che determina annualmente la rivalutazione degli assegni pensionistici sulla base del tasso di inflazione rilevato da ISTAT per adeguarli al maggiore costo della vita, ed è finalizzato alla tutela del loro ridotto potere di acquisto causato dell’inflazione, che quest’anno peraltro si è enormemente impennata toccando anche le due cifre (ultimo dato ISTAT relativo a ottobre u.s.: inflazione su base annua pari all’11,9%).
La perequazione si applica su tutti i trattamenti erogati dalla previdenza pubblica, dalle gestioni dei lavoratori autonomi, dalle gestioni sostitutive, esclusive, integrative ed aggiuntive, e si applica sia alle pensioni dirette che a quelle ai superstiti (pensioni di reversibilità e pensioni indirette) e, come detto, viene calcolata sulla base degli incrementi dell’indice annuo dei prezzi al consumo accertati dall’ISTAT per l’anno in corso, avendo poi decorrenza dal 1 gennaio dell’anno successivo.
La perequazione annuale delle pensioni è stata introdotta dal 1° gennaio 1999 attraverso l’art. 34, comma 1, della Legge 23.12.2000, n, 388 (legge finanziaria 2001); ha poi registrato successive modifiche nella sua applicazione e, allo stato, è regolata dall’art. 1, co. 478, della legge di bilancio 2020 (legge 27.12.0219, n. 160) che dispone un diverso adeguamento degli assegni pensionistici sulla base dei seguenti criteri riferiti al c.d “trattamento minimo”, pari oggi a € 525,38:
- 100% dell’inflazione, ovvero in misura piena, per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo;
- 90% dell’inflazione per le pensioni comprese tra 4 e 5 volte il trattamento minimo;
- 75% dell’inflazione per le pensioni oltre 5 volte il trattamento minimo
In termini di importi, la pensione minima aumenterà così dal 1 gennaio 2023 da 525,38 a 563,73 €, con un incremento di 38,35 € mensili, pari a 498 euro complessivi spalmati su tredici mensilità; nelle fasce di pensione superiori, gli incrementi al lordo dovrebbero invece essere quelli riportati nella terza colonna della tabella allegata, circolata sul web e che riteniamo alquanto attendibile.
E’ comunque il caso di ricordare che questi adeguamenti, calcolati allo stato sulla base del 7,3% indicato dal MEF, sono solo parziali in quanto presumibilmente sottostimati e dunque in difetto, essendo già oggi il dato medio di inflazione acquisita per il 2022 pari all’8%, e dunque inferiore dello 0,7% al dato ISTAT del 3 novembre u.s. di cui al D.M. (7,3%).
Ed allora, come già avvenuto per la perequazione 2021 con il successivo conguaglio dello 0,2% (differenza fra l’1,7% di inflazione stimata e l’1,9% di inflazione effettiva 2021) che è stato attribuito a tutti i pensionati da novembre 2022 con i relativi arretrati, anche nell’anno a venire i trattamenti pensionistici godranno verosimilmente di ulteriore adeguamento allorquando saranno noti i dati sull’inflazione definitiva dell’anno in corso, e sarà conseguentemente nota la differenza fra inflazione stimata (7,3%) e inflazione effettiva nel 2022.
Con l’occasione, informiamo che INPS ha pubblicato in data 27 ottobre u.s. i dati aggiornati al 31 dicembre 2021 dell’“Osservatorio sulle prestazioni pensionistiche e sui beneficiari del sistema pensionistico italiano”, che opera una interessante fotografia del sistema pensioni italiano, dati ai quali si rinvia ai fini di un maggior dettaglio e di un eventuale approfondimento.
In estrema sintesi: i pensionati 2021 sono stati 16.098.748 (+3,6% rispetto al 2020); le pensioni allora vigenti (tutte le tipologie di pensioni) sono state invece in numero di 22.758.797 (+0,2% rispetto al 2020 con un incremento del + 1,7% rispetto all’anno precedente), il che evidenzia come un terzo circa dei pensionati 2021 ha percepito due o più pensioni (32,1%).
Quanto agli importi, la pensione media percepita è stata pari a 19.443 euro. I dati INPS evidenziano altresì come 16,7 mln delle pensioni in essere nel 2021 (il 73,5% del totale) ha avuto importi inferiori a 1.500 euro lordi mensili, la metà (8,6 milioni) ha registrato importi compresi tra 500 e 1.000 euro mensili; le pensioni fino a 500 euro sono state circa 5 milioni (21,7%), mentre quelle tra 1.000 e 1.500 euro sono state 3,3 milioni (14,3%); i restanti 6 milioni di pensioni superano i 1.500 euro lordi mensili (26,5% del totale). Le donne pensionate continuano ad essere di più rispetto uomini (il 52%), ma prendono assegni del 27% in meno rispetto agli uomini. Il 32,8% dei pensionati percepisce assegni sotto i 1000 €, l’11,3% dei quali incassa meno di 500 € al mese. Le pensioni sono inoltre più alte al Nord (+7,2 punti percentuali rispetto alla media nazionale), e nel Mezzogiorno si rilevano redditi pensionistici al di sotto della media nazionale.
Una fotografia alquanto impietosa, dunque, che evidenzia ancora una volta come, nella loro stragrande maggioranza, i pensionati percepiscano redditi del tutto insufficienti a garantire una esistenza minimamente dignitosa, e pertanto, in sede di confronto con il Governo sulla riforma delle pensioni 2023, andrà necessariamente posto anche questo tema. Noi di certo lo faremo.
IL COORDINAMENTO NAZIONALE CSE FLP PENSIONATI